Goal nel coaching
Quasi sempre nel coaching si fa riferimento a goal, ovvero obiettivi, liberamente scelti dalla coachee. Tuttavia, esistono situazioni in cui questa condizione non è del tutto vera.
Una di queste situazioni è quando il goal viene deciso dall’organizzazione cui appartiene la coachee. Tipico esempio è il caso di obiettivi di business, ma potrebbero esserci anche altri tipi di obiettivi ad esempio in ambito sanitario, in ambito militare etc.
A cosa servono i goal quando questi sono decisi dall’organizzazione e non liberamente scelti dall’individuo?
Possiamo distinguere tre grandi funzioni nella definizione degli obiettivi non liberamente scelti:
informativa
strutturale
prestazionale
La funzione informativa ha l’obiettivo di istruire su cosa fare.
Ad esempio, il fatto di avere come obiettivo lo sviluppo di un certo progetto entro certi tempi, può essere considerato informativo. L’obiettivo potrebbe avere la sola funzione di informare sulle aspettative del cliente.
In questo caso l’obiettivo viene strutturato in modo tale da essere chiaro e misurabile, ovvero il soggetto incaricato deve comprenderlo e deve essere possibile dire se è stato raggiunto o no.
La funzione strutturale è contribuire, assieme ad altri goal, all’ottenimento di un risultato di ordine superiore.
Ad esempio, se ad ogni individuo viene dato l’obiettivo di eseguire un certo compito secondo certe scadenze, l’insieme di tali attività potrebbe costituire lo sviluppo di un progetto più ampio.
La funzione prestazionale ha l’obiettivo di aumentare le performance del soggetto.
Ad esempio, il porre come obiettivo lo sviluppo di un progetto caratterizzato da elementi di complessità o di innovazione particolari, potrebbe rendere l’obiettivo “sfidante” ed ottenere l’effetto di aumentare le performance del gruppo di progetto rispetto a quelle che si sarebbero ottenute se gli elementi di complessità e innovazione non fossero stati presenti.
Come gestire la prestazionale di un obiettivo non liberamente scelto nel coaching
Per gestire la funzione prestazionale è fondamentale dotarsi di teorie evidence-based, che ci aiutino a capire come strutturare obiettivi prestazionali e un insieme di metodi per rendere operative queste teorie nella pratica del coaching.
La letteratura evidence-based mette a disposizione alcune teorie molto corroborate.
A partire da queste teorie, il nostro sforzo è stato di operazionalizzarle nel processo di coaching.
Quali sono le teorie di riferimento che aiutano a comprendere come si gestiscono gli obiettivi quando questi non sono liberamente scelti?
Come noto, una teoria o un modello è un insieme di ipotesi descrittive, predittive, interpretative e operative di un dato fenomeno in un dato contesto. Kurt Lewin diceva che non esiste nulla di più pratico di una buona teoria.
Abbiamo posto alla letteratura scientifica evidence-based e peer-reviewed relativa a temi di organizational psychology e human resource management le seguenti domande di ricerca:
In che modo le performance richieste e i risultati attesi agiscono come fattore motivante sull’individuo?
In che modo gli obiettivi possono essere strutturati per ottenere effettivamente performance migliori?
Quali cautele devono essere prese per evitare il rischio che obiettivi mal posti generino comportamenti ed effetti controproducenti?
Il risultato della nostra ricerca.
Per i fattori motivanti, faremo riferimento alla Expectancy Theory.
Per le performance, adotteremo la Goal Setting Theory.
Infine, per le cautele, faremo riferimento alla letteratura scientifica prodotta sul tema da Locke, Latham, Ordonez ed altri ricercatori.
Come rendere operativi questi modelli nel coaching
Questi modelli sono stati “operazionalizzati”, ovvero abbiamo creato delle tecniche per utilizzare questi strumenti descrittivi e predittivi all’interno delle sessioni coach-coachee.
Una accurata descrizione dei modelli, i dettagli delle tecniche per agirli nel coaching e una guida passo-passo sono disponibili accedendo al corso online.